“Il treno proveniente da Terontola Cortona arriverà con un ritardo di 90’”, il brusio che si sparge nel binario ogni volta che la voce elettronica annuncia un qualche ritardo mi fa sempre sorridere.
Un treno in ritardo e siamo tutti sulla stessa barca, c’è chi bestemmia un dio in cui non crede, c’è chi la prende a ridere e chi fin troppo seriamente.
Io non rientro in nessuna delle categorie, io aspetto pazientemente il mio turno di viaggiare cercando sempre qualcosa da fare.
Piano piano cerco di far pesare meno l’attesa e una delle mie attività preferite è diventare un’attenta osservatrice che cerca di rubare storie e sentimenti.
Due ragazze stanno chiacchierando senza sosta da almeno un’ora, mi fa sorridere il loro volersi approcciare alla vita da grandi esperte, ma la loro giovane età le frega.
Stanno sognando viaggi, solite chiacchiere di circostanza, si confrontano, parlano di esami e fidanzati.
Indossano la stessa giacca, ma in colori opposti. Un po’ yin e yang, due amiche unite e simili, ma ognuna con la propria personalità.
La musica si sente a malapena, ma riesco a riconoscere la voce di Anna Oxa, anche se la mia attenzione si pone sui rumori che circondano la stazione.
Quanta vita c’è in una stazione ferroviaria? Quanto rumore, quanto movimento, quanta solitudine, ma allo stesso tempo quanta collettività?
Siamo tutti nella stessa barca, in ritardo e bloccati per colpa di un’entità mostruosa che chiameremo Trenitalia.
Mi piacciono le stazioni, racchiudono così tante storie, così tanti volti.
Ci pensate mai a quante voci passano in quei corridoi? Quante lacrime, quante risate, quanti addii e quanti ricongiungimenti.
La stazione è uno dei posti più vivi del mondo. Gente che torna a casa, gente che parte, gente che lavora e gente che studia.
Tutti alla ricerca di un posto, tutti diretti da qualche parte.
Quanto ci sentiamo persi, con il nostro sguardo fisso nel vuoto mentre guardiamo i treni partire e la gente che saluta dal finestrino.
Il mio sguardo si posa su una coppia formata da due bellissimi ragazzi, sono entrambi di origine asiatica. Lei è sorride e si accoccola a lui cercando riparo dal freddo, ma forse anche un posto sicuro in cui attendere.
Lui è più sostenuto, ma la protegge con tenerezza. Si percepisce la loro complicità, ma l’aria triste che li circonda mi fa sospettare che sia un saluto.
Sono eleganti e pudici, si scambiano teneri sguardi e ti fanno sentire un po’ l’invidia di non avere un tale calore nella tua vita.
Osservare il mondo intorno a me, immaginare storie e pensieri mi fa rilassare nei momenti di attesa.
Mi rendo conto che c’è ancora bellezza in questo universo, che c’è ancora chi ha voglia di condividere una chiacchiera sincera con un’amica o chi vuole essere riempito di tenerezze e baci.
C’è ancora bellezza nel mondo ci credi? Ed è sempre alla portata del nostro sguardo, anche se spesso ce ne dimentichiamo.
Anche se è più facile ricordarci delle cose brutte, di quanto è pericolosa la stazione, di quante brutte cose accadono giornalmente.
Eppure sono qui a godere di un amore non mio e a ridere con chiacchiere non amiche, perché avere uno sguardo sul mondo vuol dire anche saper riconoscere le cose belle quando ci succedono attorno.
In questo freddo pomeriggio la vita mi sembra quasi alla mia portata e mentre scrivo queste parole mi sento connessa, come se il cielo bianco sopra di me sia un tetto sicuro per questo teatro. Lo spettacolo in fondo siamo noi, fermi e stanchi di aspettare, ma fiduciosi di poter riprendere il via il prima possibile.
La verità è che la vita va troppo veloce, la nostra società ci chiede di andare troppo veloce e l’unica cosa che possiamo fare è accettare quei pochi momenti di calma in cui poter stare fermi.
Ci costringono continuamente a correre, ad arrivare primi, come se a stare fermi ci si perdesse nel tempo. Invece a volte stare fermi può essere utile, può aiutarci a capire il valore del tempo che abbiamo.
Come a ricordarci che il tempo è un gran valore che spesso dimentichiamo. È per questo che ci lamentiamo quando qualcosa ci fa stare fermi, come un treno in ritardo di un’ora.
Ci costringe a guardarci intorno, ad annoiarci, a cercare qualcosa da fare. E la prima reazione che si ha è la rabbia, quel fastidio che altro non è che la paura di “perdere tempo”.
Quando poi la vita riparte ed il treno arriva ti senti sollevato perché puoi ripartire, ma in parte sei anche grato di aver avuto un po’ di tempo per stare fermo e osservare la vita con un po’ di calma.
Basta un treno in ritardo a ricordarci che c’è tanta bellezza nel mondo. Ce ne perdiamo così tanti pezzi che a volte, per caso, ti rendi conto che ne puoi collezionare un po’, invece di lasciarli andare.