Ho lottato una vita con il senso di colpa, con questo costante bisogno di rimediare ad errori che avevano vita solamente nel mio cervello.
È come se dovessi correre più forte degli altri, lavorare il doppio, dimostrare che un posto in questo pianeta un po’ me lo merito anche io.
Indosso questo bagaglio di errori ai quali rimediare, scuse da chiedere e bisogni da soddisfare, ma questo bagaglio diventa sempre più grande e io sempre più debole.
Non ne reggo il peso.
Non è sempre facile combattere con i demoni nella testa e spesso si ricade negli stessi meccanismi, e quando accade a me torna in mente come funzionavano quegli ingranaggi nel mio cervello tempo fa.
Ho passato una vita a creare nella mia testa errori per cui chiedere scusa. Come se non meritassi nulla.
Una vita passata a tarparmi le ali e cercare di rimediare ad ogni male, ad evitare la realtà e i miei bisogni.
Quando qualcosa si rompeva in automatico la mia testa mi rendeva responsabile. Era mio dovere aggiustarla. Non potevo evitare di sentirmi in colpa per dolori altrui, problemi causati, mancanze,e non mi concedevo neanche il lusso di stare male.
Dovevo sempre essere perfetta, presente, produttiva e precisa.
In quei giorni in cui attendevo l’arrivo della notte per coprire col cuscino il mio dolore, quel dolore che non potevo mostrare a nessuno. Nascondevo ogni piccolo pezzo di me perché era una versione di me che non potevo accettare.
Non era perfetta.
Con il senso di colpa ci ho convissuto per un po’, non riuscivo ad immaginarmi in nessun altro modo. Quel costante bisogno di scusarmi, per qualsiasi cosa, quel costante senso di soffocamento per la rincorsa di dover rimediare qualcosa che non avevo rotto nemmeno io.
Ironicamente ho sempre detto che quando tocco qualcosa lo rompo, ma io è tutta la vita che mi sento una palla di demolizione.
E nessuno, nessuno, era stato in grado di dissuadermi da questo pensiero.
La mia testa da qualche anno riesce a trovare pace.
Grazie alla terapia sono riuscita a ricavarmi degli spazi nei quali questo senso di colpa non mi tocca e non può farmi male.
Mi sento sempre meno in difetto nei confronti degli altri se dicono più “no”. Cerco di trovare una serenità che mi somigli il più possibile e che non abbia sembianze esterne.
Quel bagaglio non diventa più facile da indossare, ma diventa sempre meno pesante. Non ha più tutto quel potere, anche se spesso cado nel mio stesso tranello.
C’è una frase di Zerocalcare che mi ripeto sempre come fosse un mantra:
“Ma non ti rendi conto di quant’è bello? Che non ti porti il peso del mondo sulle spalle, che sei soltanto un filo d’erba in un prato? Non ti senti più leggero?”
ed è così che mi voglio sentire d’ora in poi.
Un filo d’erba, in mezzo agli altri, leggero e senza quel bagaglio pesante da portare sulle spalle.
Ora quando mi sento in colpa per qualcosa mi impegno a chiedermi “meriti davvero di sentirti così? È davvero una tua responsabilità o ti sta convincendo di doverti scusare per questo?” e sempre più spesso questo senso di colpa perde potere.
Perché la verità è che il mondo non dipende davvero da noi e che abbiamo tutto il diritto di metterci al primo posto, di ritagliarci dei piccoli spazi in questo mondo enorme. Non possiamo rimediare agli errori quando non dipendono da noi.
Dovremmo imparare a sentirci leggeri, perché nessuno riuscirebbe a volare con un bagaglio pesante sulle spalle.