Lettera alla mia ansia

Cara ansia,

convivo da un po’ con te, ma non parlo abbastanza di te.
Così ho deciso di scrivere una lettera alla mia ansia.

Ci sei sempre stata, come le cicatrici sulle ginocchia dei bambini.
Sono stata te a lungo; ti ho lasciato avere il controllo della mia vita e, come una macchia d’inchiostro nero che si espande su un foglio, ti sei presa una parte di me.

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Ti ho descritta in molti modi: timidezza, carattere, insicurezza. Mi nascondevo dietro ai miei gesti timidi, alla paura di parlare, a torturare le maniche della giacca ogni volta che ti sentivo arrivare.
“Ho sempre stato una tipetta nervosa,” mi ripetevo, era un tratto distintivo, come se avere paura di ogni piccolo movimento fosse una cosa normalissima.

Ho passato anni senza darti un nome, un volto, una collocazione.
Cercavo risposte nelle storie di altri, ma finivo per avere una sola e unica risposta: il problema dovevo essere io.

Non c’era altra spiegazione, l’ingranaggio difettoso era dentro di me.

Sei diventata grande, e io con te.
Sei diventata limiti, paure, dolore, ferite.
Sei riuscita a insediarti nei miei comportamenti, nelle scelte e nei rapporti, e io ero troppo spaventata e indifesa per combatterti.

Hai avuto il potere su tutte le decisioni della mia vita, e persino nei momenti più belli c’è il ricordo di quella piccolissima macchia nera sopra di me.

Sembra che ci si perda quando si soffre di ansia; sembra che tutto sia collegato e che non si possa mai divincolare dalla sua presa.
È come essere caduti in un grosso labirinto senza uscita. Corri, ti divincoli, pensi di aver trovato una via di fuga e ricadi nello stesso tranello.

Quel labirinto è nella tua testa, e la soluzione, per me, è stata quella di chiedere aiuto.
Per imparare a conoscerti sono andata in terapia.
Sono quasi quattro anni e, anche se non sono ancora riuscita a tenerti testa, una cosa l’ho capita: io non sono te.
Io non sono la mia ansia; non è un tratto del mio carattere.
L’ansia è un disturbo di cui soffro, che fa parte della mia vita, ma che non ha nulla a che vedere con la definizione della mia persona.

Non c’è tempo per farci definire da una diagnosi.

Noi siamo tante cose,
molte delle quali non ci vantiamo troppo, altre talmente belle che abbiamo paura di mostrarle.
Noi siamo tante cose,
siamo meravigliosi giocattoli, a volte difettosi, che riescono a farsi spazio in un buio costante e severo.

Questa lettera alla mia ansia la concludo così,
con un brano che mi ha fatto toccare con mano, forse per la prima volta, ciò che poteva somigliare al mio tormento.

Buon ascolto,
be kind to your mind.

[Hear ne- Imagine Dragons (2011)]

(Vi lascio qui un articolo interessantissimo sull’ansia scritto da Serenis.)