
“Perché lei è venuta da me?”, questa la domanda che mi ha fatto la psicologa alla prima seduta di terapia.
Non sapevo bene cosa rispondere, non sapevo bene perché ero lì.
Volevo solo stare bene, volevo solo cercare una forza che dentro di me in quel momento non avevo.
Iniziare un percorso di psicoterapia è stato un passo importante nella mia vita, ma è solo la punta dell’iceberg.
Nascosta nel fondo del mio mare c’era una grandissima sensazione di perdizione. Un sentimento di smarrimento costante che mi impediva di capire chi fossi e dove stessi andando.
E poi c’era lei, l’ansia costante che mi bloccava la vita.
Non uscivo, non rispondevo al telefono, balzavo esami all’università, riempivo di bugie tutti i miei cari e stavo costantemente male.
Non avevo il controllo della mia mente e del mio corpo, la mia testa era entrata in un loop di continuo buio, un baratro nel quale era difficile ritrovare una luce.
Era un martedì quando, con nelle cuffie Abbi cura di te di Levante, ho deciso di digitare un semplice numero sul telefono e prende la migliore decisione della mia vita: andare in terapia.
Accettare di farmi aiutare è stata come una coltellata nel petto, io che non chiedevo aiuto nemmeno per i compiti a scuola (tranne che per la matemica, per quella serviva il miracolo di papà).
Non riconoscevo di avere bisogno di qualcuno che mi guidasse perché non volevo ammettere di essere un semplice essere umano.
Non riuscivo ad accettare di essere impotente di fronte a sensazioni che non conoscevo e non sapevo come affrontare.
Il giorno prima del primo colloquio me lo ricordo come se fosse ieri. Quella sensazione di tremolio alle mani, non l’avevo detto alla mia famiglia ed ero così agitata che volevo vomitare.
“Che cosa gli racconto? Non ho un grave dolore da raccontare, non servirà a nulla“, e invece è bastato lo sguardo della mia psicologa a farmi crollare e da lì è stato tutto in salita.
La terapia è una montagna russa costante, ti sballottoli tra la guarigione e le ricadute. Tra i momenti di up e quelli di down.
E’ una corsa faticosa, un esercizio mentale durissimo dal quale spesso esci devastato ed altre volte rigenerato.
Farsi aiutare è uno step difficilissimo perché si ha paura di essere vulnerabili, soli, considerati folli. Fa paura di mettere in piazza i propri sentimenti e guardarli in faccia. Si ha timore di perdere quelle certezze che tenevamo ben salde nella mano.
Si ha paura di vedere una faccia nuova di sè, un parte nascosta del nostro io.
Fa paura, ma è necessario per crescere e conoscersi.
La terapia è un viaggio che affronti nei momenti difficili, ma anche e soprattutto in quei momenti in cui stai bene.
Impari tanto di te, in un modo talmente profondo e viscerale che farai fatica a riconoscerti.
Impari tanto del tuo rapportarti con gli altri, eserciti l’empatia e riesci a mettere tutto quanto in prospettiva.
La tua mente è come un puzzle di cui spesso non ti prendi cura. Lasci indietro pezzi che ti fanno paura, che fanno male o che sono legati a qualcosa che non vuoi ricordare.
Devi prendertene cura, nel migliore dei modi.
Ed è normale aver bisogno di qualcuno di competente che è lì per te, che sa come guidarti, che sa come aiutarti.
Il viaggio, però, quello lo affronti da te, in ogni passo che fai.
In ogni parola che dici o che non vuoi più dire.
In ogni atteggiamento che assumi o scegli di non fare tuo.
Ogni volta che ti guardi allo specchio e ti riconosci, finalmente nella tua interezza.
Non si guarisce mai del tutto, ma puoi imparare a conoscerti ed accettare ogni piccolo pezzo di puzzle, anche quelli di cui fino a poco prima ti vergognavi.
Voler imparare a prendersi cura di sè la cosa più normale di questo mondo.
(Vi lascio qui il sito di Serenis, un servizio di terapia online)