Per molto tempo, il mio specchio sono stati gli altri. Vedevo mille versioni di me attraverso sguardi esterni, senza sapere quale fosse quella reale. Non mi appartenevo, non avevo idea di chi fossi e di chi volessi essere. La mia esistenza era una tela bianca che lasciavo dipingere agli altri.
Quando permettiamo agli altri di dirci quanto siamo bravi, se siamo buoni o cattivi, e permettiamo loro di definire il nostro carattere e il nostro valore, lo specchio in cui vediamo riflessa la nostra immagine non ci apparterrà mai.
Ho vissuto così per tanto tempo; quasi tutta la mia esistenza è stata appesa a un filo sottilissimo, in mano a qualcun altro. Non riuscivo a riconoscere il mio valore, non capivo chi volevo essere e chi potevo diventare. Vedevo il mio essere solo ed esclusivamente in relazione agli altri.
È così che l’altro è diventato il mio nemico.
Ho iniziato a maledire quello specchio con ogni forza. Avevo paura di sbagliare, di dire qualcosa di inappropriato, di non essere abbastanza. Rincorrevo un ideale per sentirmi a posto di fronte agli altri. Indossavo maschere per nascondere la rabbia che sentivo di non poter esprimere.
Gli altri sono una ricchezza; il loro sguardo può aiutarci a vedere il mondo da un’altra prospettiva, ma quando dentro di te non c’è nulla per cui senti di dover lottare, gli altri diventano il tuo unico mezzo per conoscerti.
Tutto ciò che fai lo fai per sentirti bene, per dimostrare che sei al posto giusto e con il ritmo giusto. Ma a un certo punto ti chiedi: “Chi sei? Chi vuoi essere? Cosa pensi di te?“.
Ho iniziato a capire quanto fosse vuota la mia idea di me stessa quando la dottoressa mi ha chiesto: “Cosa le piace di Alessia?” e io cercavo in una stanza vuota un occhio esterno, perché non sapevo cosa rispondere. Non sapevo riconoscermi. Non sapevo come conoscermi.
In quel momento ti rendi conto che tutti i meriti che ti riconosci o tutte le colpe di cui ti fai carico non sono tuoi, non ti appartengono davvero. Ti senti brava solo se qualcuno te lo dice, ti senti giusta solo se non fai nulla di sbagliato, e stai male solo se il tuo malessere è accolto dagli altri.
Il tuo valore non esiste se nessuno ti vede.
Ed è così che aspetti tutta la vita di essere finalmente vista, ma resti in un angolo senza mai cercarti uno spazio, senza mai vivere davvero.
Così ho iniziato a lavorare, a correre, a pensare. Mi sono messa davanti allo specchio e ho iniziato a esplorare la mia anima. Ho cominciato ad ascoltarmi. Ho imparato a guardarmi. E ho trovato tante cose che mi piacciono, ma più di tutto ho imparato a rispettarmi.
Il mio specchio sono stati gli altri per molto tempo; volevo solo essere giusta ai loro occhi. Ora il mio specchio sono i miei occhi, le mie parole, i miei brutti momenti e i miei balletti davanti allo specchio mentre accendo il palo santo. Non ho di certo chiaro tutto ciò che sono o che posso diventare, ma sono perlomeno consapevole di chi c’è dentro di me. Ho riconosciuto i miei limiti e le mie ricchezze; ho trovato ciò che amo essere e ciò che odio di me. Il mio unico metro di valore sono io.
Ora so cosa guardo quando penso a me stessa. E non c’è nessuno sguardo che mi fa più paura, nessun confronto o scontro. Tutto ha il suo valore.
Relazionarsi con qualcuno deve essere una ricchezza;
Può farci scoprire nuovi aspetti e nuovi confini, ma non può diventare l’unico mezzo che abbiamo per definirci. L’altro ha una percezione di noi che non sarà mai perfettamente congruente con quella che abbiamo di noi stessi. È per questo che esiste il confronto e che c’è diversità.
Non dobbiamo avere paura di essere il nostro specchio, perché se saremo noi i primi a darci valore, la consapevolezza delle nostre anime sarà il primo passo per riconoscerci.
E quando riesci a guardarti per ciò che sei, è lì che inizia la danza più bella e complessa del mondo. Un ballo d’amore che puoi regalarti solo tu. Lascia agli altri il potere di arricchirti, non di dirti di cos’è fatta la tua anima. Quello spetta solo a te.