Il gioco dei colori me lo ha insegnato Tommy, lui ha 5 anni e una visione meravigliosamente sua della terra.
“Facciamo il gioco dei colori, devi dirmi il primo colore che vedi“, mi dice, “anzi inizio io, MARRONE!”
Il mio sguardo, però, non scorge nessun tipo di marrone e lui continua a guardarmi perplesso.
Il marrone è di un tetto troppo lontano e nascosto per essere visto dai miei occhi disattenti.
Continua con il rosa pallido di una margherita persa a confondersi tra le foglie di un prato, della quale chiaramente non mi ero accorta.
“Non ti impegni abbastanza“, mi rimprovera, “devi guardare oltre le cose ovvie“.
Un insegnamento che mi porto addosso ancora oggi.
Guardare oltre l’ovvio, oltre il comodo color verde del prato.
Quel giallo del gioco abbandonato per strada,perché scegliere il sole è troppo facile.
Tu spingiti oltre.
Più in là.
È quando perdi la curiosità fanciullesca di cercare l’infinito dove tutti vedono i limiti del cielo, che perdi il senso di vivere ascoltando la tua anima vibrare.
È quando la rapidità di una risposta schiaccia la tua coraggiosa fantasia, è lì che hai perso il gioco dei colori.
Spessi ci dimentichiamo di tenere stretta la mano del bambino che siamo stati, ma noi siamo stati lui, ci appartiene.
L’eterno Peter Pan che crede ancora nelle fate e sogna di volare per rubare qualche desiderio alle stelle.
Ci perdiamo, nascondendoci dietro alla cazzata del “sono troppo grande”, l’impegno spontaneo di guardare oltre il nostro naso.
Per rincorrere quell’inutile bisogno di crescere rinneghiamo la leggerezza di essere bambini, come quando smettiamo all’improvviso di aspettare che arrivi Natale.
Siate bambini, siatelo spesso.
Non dovete soffocare quel bisogno di perdervi aldilà del cielo di tanto in tanto.
Siate fantasia.
Siate fanciulla curiosità.
È solo così che si vince il gioco dei colori.